DIRIGENTE MEDICO di I livello ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA della ASL (Omissis). Ripartizione onere della prova – Il lavoratore è tenuto ad allegare rigorosamente tale inadempimento, evidenziando i relativi fattori di rischio Sussiste nel caso di specie la responsabilità del datore di lavoro sul quale grava l’onere probatorio di dimostrare che i carichi di lavoro erano normali, congrui e tollerabili o che ricorreva una diversa causa che rendeva l’accaduto a sé non imputabile. Il caso riguarda un dirigente medico di primo livello in ortopedia e traumatologia, dipendente della ASL di (….), che ha convenuto in giudizio l’azienda datrice di lavoro per chiederne la condanna al risarcimento del danno biologico conseguente all’infarto del miocardio subito a causa del sottodimensionamento dell’organico che l’aveva costretto per molti anni a intollerabili ritmi e turni di lavoro. Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale di Lanciano, in funzione di giudice del lavoro, respinse la domanda, escludendo la responsabilità dell’ASL convenuta ai sensi dell’art. 2087 c.c., tenuto conto che essa non aveva il potere di aumentare l’organico e di assumere altri ortopedici, né di rifiutare ricoveri e prestazioni ai pazienti. La sentenza veniva confermata dalla Corte d’Appello. La Corte di Cassazione ha ribaltato il verdetto, individuando la responsabilità della ASL e riconoscendo il risarcimento del danno in favore del Dirigente Medico. In particolare la Corte di Cassazione ha ribadito un importante principio secondo il quale “il lavoratore a cui sia stato richiesto un lavoro eccedente la tollerabilità, per eccessiva durata o per eccessiva onerosità dei ritmi, lamenta un inesatto adempimento altrui rispetto a tale obbligo di sicurezza, sicché egli è tenuto ad allegare rigorosamente tale inadempimento, evidenziando i relativi fattori di rischio (ad es. modalità qualitative improprie, per ritmi o quantità di produzione insostenibili etc., o secondo misure temporali eccedenti i limiti previsti dalla normativa o comunque in misura irragionevole), spettando invece al datore dimostrare che i carichi di lavoro erano normali, congrui e tollerabili o che ricorreva una diversa causa che rendeva l’accaduto a sé non imputabile”;
“oltre a non potersi imporre al lavoratore di individuare la violazione di una specifica norma prevenzionistica (Cass. 25 luglio 2022, n. 23187), ancor meno ciò può essere richiesto quando, adducendo la ricorrenza di prestazioni oltre la tollerabilità, è in sé dedotto un inesatto adempimento all’obbligo di sicurezza, indubbiamente onnicomprensivo e che non necessita di altre specificazioni, pur traducendosi poi esso anche in violazione di disposizioni antinfortunistiche” (Cass. n. 34968-2022).
La corte d’appello ha dunque errato nel pretendere dall’attore (e appellante) l’indicazione di “ben determinate norme di sicurezza”, essendo idonea e sufficiente a dimostrare la nocività dell’ambiente di lavoro l’allegazione (e la prova) dello svolgimento prolungato di prestazioni eccedenti un normale e tollerabile orario lavorativo.